Dark Light

Un numero ogni tre mesi, un centinaio di pagine e il primo numero – in carta e pagine, o in digitale – da ottobre in vendita sia online che in librerie bellissime, in tutta Italia: Emporio Concept Store a Ladispoli, Libreria delle Donne a Bologna, Libreria Bodoni / Spazio B a Torino, Libreria Antigone e Gogol&Company a Milano. Ed è solo l’inizio.

Di cosa stiamo parlando? Del nuovo magazine indipendente Frisson, che tratta sessualità, diritti civili e intersezionalità e racconta in maniera seria ma con un design ricercato e a tratti pop, la cultura femminile in tutti i suoi aspetti, dal lato sessuale a quello sociale.

Frisson – dal francese brivido di piacere, orgasmo della pelle – affronta il tema della sessualità con un approccio libero e aperto, allargandosi anche a tutto ciò che vi ruota intorno. Nasce da un team super: Francesca Ceccarelli (founder e art director), Francesco Mazzenga (design consultant e contributor), Maria Pia Binazzi, Giulia Zollino, Claudia Scano e Carolina Bacci (contributor).

Con Francesca abbiamo fatto due chiacchiere per saperne di più, in attesa del primo numero…

Perché raccontare il piacere? Che linguaggio e che taglio avete scelto per andare oltre il senso di pudore e il tabù delle persone?

Il piacere che Frisson vuole raccontare ha una forte connotazione sessuale.

La sessualità è qualcosa che tutti abbiamo, è innata: è una parte intima e privata di noi, che però influenza anche la dimensione pubblica. Eppure non se ne parla, o non si fa abbastanza, relegando questa sfera – per l’appunto – solo al privato. Noi vogliamo ampliare il dibattito e non solo parlare di sessualità e sesso, ma anche del divertimento, della gioia e del piacere a esso correlati, perché è necessario. In un momento come questo si percepisce la necessità di un “luogo” in cui possano convergere tutti questi aspetti.

Abbiamo deciso di adottare un linguaggio fresco, ironico – non superficiale – ma anche diretto e critico, all’occorrenza. Il motivo per cui il nostro motto è “oltre il piacere” è proprio perché vogliamo trattare temi che vanno anche aldilà della sfera intima e privata della sessualità, e allargarci a ciò che è anche pubblico e collettivo. Motivo per cui spesso ci troviamo a parlare di politica, per esempio, e in questo caso certamente cambiamo il nostro tono di voce, senza mai perdere la nostra freschezza.

Il fatto stesso di parlare di alcuni temi attraverso un mezzo di comunicazione – in questo caso un magazine cartaceo, ma vale lo stesso per altri canali digitali – è già di per sé una forte presa di posizione contro i tabù e gli stereotipi di cui la nostra società ancora non si libera. Per quanto mi riguarda credo che un prodotto cartaceo abbia una potenza ancora più forte in questo senso: fin dalle origini del movimento femminista moltissimi ideali sono stati lanciati, rafforzati e veicolati attraverso delle riviste, unico mezzo di informazione in quegli anni. Pensiamo a Noi Donne, Effe, Quotidiano Donna: tutti questi prodotti trattavano con carattere e determinazione temi di cui oggi nessuno vuole più parlare. Frisson oggi vuole ricominciare a farlo.

Qual è l’identikit del vostro lettore ideale?

Non amiamo molto individuare un profilo specifico o etichettare un target ristretto, anche se potrebbe sembrare un’operazione di marketing anomala. Sicuramente strizziamo l’occhio ad alcuni temi che riguardano la sfera femminile, ma in realtà vogliamo arrivare anche a tutta la comunità LGBTQI. Immaginiamo, comunque, di rivolgerci a persone dai 18 anni in su, di qualsiasi genere o identità sessuale. Ci poniamo un limite – se così vogliamo definirlo – sull’età, semplicemente per far presente che difficilmente tratteremo temi inerenti a una prima educazione sessuale, alle prime esperienze oppure contenuti di divulgazione e informazione in questo senso. In sostanza, non ci poniamo come educatori sessuali, ma come mezzo di approfondimento, cultura. In questo senso, vogliamo parlare a una fascia più consapevole.

Avete iniziato a comunicare anche su Facebook e Instagram.
Qual è la vostra strategia? E qual è la prima risposta del pubblico?

Abbiamo deciso di iniziare a farci conoscere attraverso i social network, che ad oggi sono dei luoghi in cui si parla molto liberamente di questi temi e quindi esiste una vasta comunità che è molto attiva e reattiva: volevamo parlare a loro e fargli conoscere il nostro progetto, la nostra visione. Ovviamente non siamo presenti sui social soltanto per promuovere la nostra rivista. Innanzitutto ci piace la possibilità di dialogare in maniera diretta e più “intima” con i nostri follower e futuri lettori, questo per noi è estremamente importante ed è anche il bello di un prodotto editoriale indipendente. La nostra presenza “online” ci consente di interagire costantemente anche con la vasta comunità di sex blogger, di scambiarsi opinioni e riflessioni e di tramutare tutto questo in una collaborazione “offline” su carta. È successo – per esempio – con Giulia Zollino (operatrice di strada ed educatrice sessuale) che abbiamo conosciuto tramite Instagram grazie ai suoi racconti di strada e che abbiamo coinvolto per una rubrica sul sex work che uscirà su ogni numero.

Il pubblico sta reagendo molto positivamente: riceviamo spesso messaggi di persone entusiaste del progetto e che non vedono l’ora di poter acquistare il numero 1.  A volte capita che ci diano anche un loro punto di vista, che ci è utile per colmare alcune lacune, e quasi sempre ci ricordano che non esiste ­– ad oggi – un prodotto di questo tipo. Questo ci dà la forza e la carica ogni giorno per andare avanti sulla nostra strada, con ancora più convinzione e motivazione. È emozionante pensare che in pochi mesi (siamo attivi con i profili social da giugno di quest’anno) siamo riusciti ad arrivare a molte persone che ci stanno aspettando impazienti!

Che cosa significa per Frisson essere femministi oggi?

Oggi il termine femminismo è certamente molto inflazionato. Nonostante questo, sentiamo comunque il bisogno di definirci tali, con una nostra personale interpretazione. Per noi essere femministi significa parlare non solo alle donne, ma a qualsiasi genere e identità sessuale.

Ci piace parlare di femminismi (al plurale), proprio per abbracciarne le molteplici frange che si sono formate nel tempo, e quelli di cui si fa portavoce Frisson sono i più transizionali possibili, quelli che si basano sul principio di autodeterminazione di ogni essere umano, che appoggiano qualsiasi posizione che non leda la libertà altrui e che sia frutto della propria libera scelta, nell’ottica di una fioritura personale.

Frisson è, quindi, femminista perché vuole essere un mezzo di liberazione e autodeterminazione, grazie a contenuti di approfondimento e conoscenza che possano arrivare a tutti, in modo orizzontale. È un luogo inclusivo – aperto e divertente – in cui non esistono filtri o tabù.

Ci sono casi all’estero che affrontano tematiche affini e che vale la pena conoscere?

All’estero esistono molti magazine indipendenti femministi, ma sono perlopiù settoriali: per esempio Ladybeard è un magazine femminista che in ogni numero affronta dei macro-temi (il primo era sul sesso, il secondo sulla salute mentale e il terzo sulla bellezza), The Gentlewoman è un magazine lifestyle con una visione alternativa della moda. She Shreads e Gusher si dedicano al panorama musicale femminile, Suspira è un magazine horror e sulla psiche umana vista dalla prospettiva femminile. Infine, esiste anche Riposte, che si definisce un magazine intelligente per donne. Notevole è anche Salty, una newsletter online che tratta di sesso ed è fatta da donne, trans e persone non binarie.

Related Posts