Dark Light

Avevamo già parlato di realtà aumentata qui lo scorso luglio, in relazione al settore della bellezza. L’AR continua a offrire un enorme potenziale per i brand che vogliono coinvolgere le persone sia a livello fisico che digitale. Nonostante l’esperienza sia più interessante e coinvolgente lato utente, la verità è che l’adozione della realtà aumentata rimane bassa, anche in Italia. A che punto siamo dunque? Oggi chi lavora nel marketing ha un dilemma digitale: come si può fare la differenza tra il marasma di comunicazioni e creare dunque messaggi per la Rete che non logorino la pazienza delle persone? Quali nuovi strumenti si possono utilizzare per creare (e mantenere) il coinvolgimento?

Le persone hanno fame di modi sempre più divertenti di dialogo con i brand che contano per loro. Un rapporto di Havas Group ha scoperto che il 77% della Generazione Y richiede contenuti utili, interessanti o significativi e servizi che vadano oltre il mandato principale di un marchio. Finora, l’AR rimane una fantasia per molti brand tradizionali: uno studio del Forrester del 2018 che segnala che solo un 5% degli esperti di marketing sta usando tale tecnologia AR nel mondo.

I giganti della tecnologia sono eccezioni alla regola. Tutti stanno investendo pesantemente nell’utilità funzionale e nelle possibilità creative dei prodotti AR, un’opportunità di guadagno di 8 miliardi di dollari per la sola Apple. Gli stessi inserzionisti stanno scoprendo che i giochi di realtà aumentata sono una fonte redditizia per interagire con i consumatori. L’esempio più noto, Pokémon Go – un gioco in cui le persone seguono personaggi virtuali sovrapposti alle visioni del mondo reale dei loro smartphone – ha fatto molto per far percepire l’AR come un punto di contatto tra marketer e consumatori. Brand sapienti come Starbucks hanno rapidamente adottato la funzione “PokéStop” del gioco, ad esempio. Simile al modello del costo per clic, infatti, Starbucks ha pagato commissioni a visita per apparire in primo piano sulla mappa virtuale del gioco, diventando una sosta ufficiale per scoprire i Pokémon.

Fino a questo momento, chi si occupa di marketing ha optato principalmente per lo sviluppo di tecnologie AR incentrate sull’intrattenere i consumatori, per via degli studi che hanno evidenziato che le applicazioni AR tendono a concentrarsi su esperienze di “sorpresa“. La sua diffusione va a pari passo con un cambiamento culturale più ampio. I mondi reali delle persone si fondono con esperienze digitali che portano a nuovi comportamenti, sistemi di credenze e, soprattutto per i brand, nuove abitudini di acquisto.

Prendiamo ad esempio l’app del brand McVitie’s Chocolate Digestives, iKitten, che ha dato agli utenti la possibilità di controllare il proprio gattino virtuale puntando la fotocamera del telefono verso la confezione. Secondo molti esperti, si tratta di un espediente simpatico e un momento di divertimento che vale la pena provare, ma non qualcosa da includere nel piano marketing di un marchio. Il pericolo è che i consumatori si stanchino di questi divertissment, come i filtri per il viso, e se ne dimentichino rapidamente. All’AR, insomma, manca uno scopo.

Quando l’AR viene utilizzata con uno scopo, le persone sentono di aver contribuito a modellare e creare la propria esperienza. Un’esperienza che diventa ancora più significativa per loro perché ce l’hanno a portata di mano, letteralmente.

Nel frattempo sia Apple che Google stanno raddoppiando lo sviluppo AR interno e supportando la sua crescita tra gli indipendenti con kit di sviluppo software. Già due anni fa Snapchat ha lanciato Shoppable AR, consentendo ai consumatori di provare i prodotti di marca e quindi fare direttamente clic per effettuare acquisti. Allo stesso modo, Facebook ha lanciato annunci AR negli Stati Uniti, invitando gli utenti a provare articoli tra cui accessori moda, mobili e trucco. Michael Kors, ad esempio, è stato il primo ad adottare il formato. Il risultato? Un aumento di oltre il 14% nelle conversioni di acquisto rispetto agli annunci non AR.

Con tutta probabilità, settori come lo sport vedranno probabilmente l’AR come un modo in cui i fan consumeranno lo streaming live di eventi sportivi. L’anno scorso, Red Bull ha lanciato un corso estremo di mountain bike in Utah per gli spettatori che utilizzano l’AR sui loro smartphone: i fan sono stati in grado di esplorare un modello 3D della montagna che era sia proporzionalmente preciso che fotorealistico. Mentre gli utenti si spostavano sul campo con il semplice tocco delle dita, i contenuti extra alimentavano il loro impulso di curiosità, inclusi momenti salienti dell’azione, interviste e filmati dietro le quinte.

Ma l’AR può risolvere anche i problemi, una priorità ad esempio per IKEA. L’app IKEA Place, ad esempio, ha risolto il classico problema di capire come un mobile potrebbe apparire all’interno della propria casa. Prima dell’acquisto, gli acquirenti sono infatti in grado di selezionare un elemento d’arredo e quindi puntare la fotocamera dello smartphone nella stanza per vedere la loro selezione stratificata su una visione del mondo reale della loro casa.

La funzionalità di prova prima dell’acquisto in realtà aumentata è sempre più interessante per i brand nei settori di bellezza, casa, moda e lifestyle. Creando esperienze basate su azioni umane come lo sguardo, l’attenzione si sposta dallo schermo all’ambiente della vita reale.

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