Continuiamo il nostro approfondimento sul “ritorno al futuro”, questa volta cercando di guardare da vicino gli insight che potranno dar vita alla nostra nuova normalità. Ne abbiamo mappati dieci e li condividiamo con voi, sperando possa essere un lavoro utile soprattutto per chi lavora nella comunicazione e nel marketing. Il futuro, che poi è già presente, ci chiede autenticità, non possiamo ignorarlo. Dobbiamo imparare a raccontare storie reali, sì.
1. L’esattezza delle informazioni e della pubblicità
La continua esposizione a notizie legate al Coronavirus, alla lunga, può diventare nociva. Siamo sopraffatti dalle informazioni e dai grafici, che alimentano la nostra sensazione di melancovid, come l’ha chiamata Libération la scorsa settimana. Inoltre, disinformazione, ignoranza e cospirazione non aiutano. Ai media e ai brand, le persone oggi chiedono di comunicare in modo chiaro, semplice, rassicurante (che non vuol dire essere positivi a tutti i costi, ma avere già una soluzione da proporre) e coerente. Tutti aggettivi che stanno alla base, ad esempio, del favore che sta raccogliendo in queste settimane il Presidente del Consiglio, arrivando anche a paradossi come il boom di ricerche a sfondo sessuale su PornHub o i cuoricini romantici delle Bimbe di Giuseppe Conte.
Avere a che fare con l’esattezza, non significa perdere di creatività. Agenzie e marchi stanno pian piano riprogettando campagne basate su messaggi più sinceri, proprio per contribuire a rassicurare i consumatori, tra la vastità di notizie ancora allarmanti. Pensiamo a Nike, che ha preso spunto dalle linee guida internazionali per incoraggiare gli esercizi a casa. Chi invece ha continuato a parlare di “prodotti” come prima, è stato bacchettato. Non è (più) il momento. Interessante l’operazione delle Nazioni Unite che con un open brief hanno chiamato a raccolta i creativi di tutto il mondo per lavorare nella stessa direzione: invitare le persone a seguire le norme contro la diffusione del Coronavirus con illustrazioni, video, testi o voice over.
2. La struttura delle nostre giornate e del nostro futuro
Inconsapevolmente, in queste settimane stiamo dando struttura al futuro. Ci siamo ricreati uno spazio per lavorare, fare palestra, impastare la pizza, prendere un aperitivo virtuale con gli amici. Insomma, ci stiamo creando delle abitudini. Da sempre, i rituali sono essenziali per noi esseri umani; scrive il professor Matthew Engelke in Pensare come un antropologo:
Gli antropologi adorano studiare i rituali, perché tendono a pensare che racchiudano una mappa del territorio che stanno esplorando, non importa quanto vasto sia. Se decifri il rituale, hai la chiave della cultura. […] vi è la tesi secondo cui il rito consente una partecipazione attiva, si pone come un veicolo di creatività umana e critica, diviene il mezzo attraverso cui si può effettuare un reale cambiamento e dare voce a reali opinioni.
I brand dovrebbero imparare a incoraggiare le nuove buone abitudini, ma con il giusto tono di voce. L’emergenza sanitaria sta dominando le conversazioni e la comunicazione in Rete è diventata la principale linfa per mantenere relazioni e tenersi aggiornati. In questo contesto. Le aziende sono chiamate a tenere in considerazione il dolore collettivo che vivremo ancora per molto tempo e del distanziamento sociale che andrà tenuto.
3. Il tempo e la produttivitià da non cercare a tutti i costi
Ma parliamo ancora di abitudini, che è un tema importantissimo. Ciò che ripetiamo quotidianamento oggi, potrebbe diventare un comportamento vero e proprio domani. Facciamo un paio di esempi. Eravate abituati a mangiare soprattutto fuori casa? Adesso che state imparando a organizzarvi in cucina, sarà un piacere stare ai fornelli anche tra qualche mese. Avete iniziato a fare tapis roulant, cyclette o ellittica? Magari da settembre andrete a correre all’aperto per la prima volta, senza pensare che potrebbe andare a discapito della vostra produttività. Non sarà più una perdita di tempo, un extra, ma qualcosa di necessario.
Quando la pandemia passerà, il mondo tornerà alla normalità, che non significa che tornerà come prima. L’isolamento ci spinge a rivedere quali attività offline pre Coronavirus erano veramente produttive (o divertenti) e quali erano abitudini superficiali o obblighi superflui. Diamo più valore agli hobby, allo sviluppo personale e alla famiglia, scoprendo così che ci sono cose che possiamo sostituire felicemente con alternative online e cose che non possiamo delegare al contatto virutale. Come fare nuovi incontri per trovare il partner per tutta la vita.
4. Il controllo sulle nostre vite, sul tempo e sui soldi
Cerchiamo sicurezza con rituali e abitudini, perché abbiamo capito di non avere più controllo sulla nostra vita (anzi, forse non l’abbiamo mai avuto, ma questa è un’altra storia). Controllare almeno la nostra giornata, consolidando gesti a lungo termine, ci permette di riappropriarci di cose, spazi e tempi. E anche del nostro portafoglio, perché spendiamo in modo più controllato, sia per l’insicurezza del lavoro che di minori opportunità di spesa al dettaglio. Inoltre, la spesa senza contanti sta accelerando – consapevoli tra l’altro già da tempo delle enormi quantità di batteri presenti sulle banconote: i pagamenti senza contante erano già cresciuti in tutto il mondo prima del Coronavirus, ma sempre più persone e aziende stanno optando per transazioni esclusivamente digitali.
Al di là della crisi sanitaria, per tutti incombono piccole e grandi preoccupazioni economiche a lungo termine. I governi, non ultimo quello italiano, stanno introducendo pacchetti fiscali che comprendono agevolazioni fiscali, sospensioni di mutui, sovvenzioni e sgravi salariali, nonché bonus alle partita IVA e buoni per la spesa senza precedenti. I settori dell’ospitalità e degli eventi sono stati tra i più colpiti dalla pandemia; le realtà indipendenti, tra cui ristoranti e negozi locali, sono tra le più in pericolo. Per fortuna, sono anche alcune delle più amate dai cittadini, che pian piano stanno scegliendo di aiutarle a sopravvivere alla crisi attraverso ordini a casa.
5. La mobilità più sicura, affidabile e digitalizzata
Anche la mobilità dovrà offrire sicurezza. Mentre i Paesi chiudono i confini e permettono solo i viaggi strettamente essenziali, i sistemi di trasporto pubblico si stanno svuotando e gli operatori stanno subendo enormi perdite. Ma non ci sono solo brutte notizie per il settore. I lavoratori essenziali hanno ancora bisogno di un accesso sicuro e affidabile ai trasporti in questo momento di crisi. Piuttosto che cercare di trarre profitto da questi pendolari, molte aziende di trasporto offrono loro servizi scontati. Transport for Greater Manchester ha pubblicato addirittura un podcast sul Coronavirus, che offre ai passeggeri gli ultimi aggiornamenti sulla salute e sui viaggi.
Alcuni servizi di noleggio auto hanno visto un aumento delle prenotazioni e l’industria automobilistica è stata spinta a esplorare nuove strade creative, in particolare per quanto riguarda la digitalizzazione. Con le attività fisiche sospese, i tradizionali metodi di lancio delle auto vengono rivoluzionati: diversi marchi hanno infatti comunicato i nuovi modelli online dopo la cancellazione del Salone di Ginevra.
6. I cuochi domestici e il cibo che stiamo riscoprendo a casa
In un periodo così complesso, le persone vogliono sentirsi bene a tutti i livelli: emozionale, sociale, fisico, cognitivo. Il benessere, dunque, ha e avrà un ruolo primario. Il cibo è una componente essenziale per questo equilibrio. Prima della pandemia, molte persone preferivano prendere da mangiare fuori casa, a causa di vincoli di tempo e capacità tra i fornelli. Ora, cucinare è diventato sia una necessità che un piacere – e il fatto che il lievito per gli impasti sia andato presto esaurito ne è un segnale chiaro.
Parecchi brand alimentari hanno già intercettato questo insight legato ai “cuochi domestici”, creando risorse con liste della spesa, ricette, video e hashtagh come #iocucinoacasa. Ottima, ad esempio, la piattaforma Basically di Bon Appetit. Noi italiani diamo per scontato forse molti passaggi legati alla cucina, ma per la maggior parte degli altri stati questa sarà una vera e propria rivoluzione. Gli happy hour virtuali, al contempo, stanno aumentando il consumo di alcolici tra le mura domestiche. C’è persino una nuova parola in Giappone, on-nomi (オ ン 飲 み) che indica il bere con gli amici online.
7. I nuovi punti di contatto e l’attenzione ai live media
Il blocco ci spinge a rivalutare le nostre priorità e abbandonare i vis-à-vis superflui, ma quando le restrizioni verranno allentate e le persone tornano ai loro bar, ristoranti e luoghi preferiti, il nuovo adattamento alla vita domestica non verrà dimenticato. I contatti digitali con le realtà commerciali non sembreranno una seconda scelta come prima della crisi, e questo avrà un impatto significativo sul modo in cui si sviluperanno i nuovi prodotti, accessibili a persone con ogni stile di vita.
Il lavoro a distanza è la norma. Così come gli incontri di gruppo tra amici (e qui trovate una guida per organizzare la perfetta festa in videochat). I musicisti che fanno concerti in streaming, i media che danno consigli sull’isolamento. Improvvisamente, il mondo si è adattato grazie agli strimenti live (pensiamo a Instagram, ma anche a Twitch), nuovi punti di contatto della nostra quotidianità. Le esperienze condivise e la possibilità di intervenire in qualsiasi momento fanno sì che le abitudini dei media sembrino meno orientate al consumo e più alla partecipazione.
La narrativa pandemica sta vivendo una rinascita; le persone si rivolgono alle stories, al cinema e alla letteratura, oltre che alle notizie tradizionali, per provare a formare il proprio arco narrativo. E c’è da segnalare anche l’ascesa degli eSport ha visto il gioco iniziare a fare un passo avanti negli sport tradizionali e, con la maggior parte dei campionati professionali ora sospesi, le forme digitali di competizione stanno attirando un numero crescente di giocatori e spettatori. Il gioco è un’arena alternativa e virtuale in cui le persone possono mettere la propria energia competitiva e sportiva, il tutto alla giusta distanza sociale.
8. L’accelerazione dell’adozione digitale per tutti
Anche l’uso dei social vive la sua seconda primavera. I giovani adulti si rivolgono a TikTok per far fronte alle notizie sul coronavirus, WhatsApp è diventato il luogo dove condividere meme e alleviare così le ansie personali e la natura intergenerazionale di Facebook è diventata un punto di forza, piuttosto che un difetto, in quanto consente l’organizzazione e il supporto a livello di quartiere. Zoom e Google Hangouts, una volta riservati alle chiamate aziendali remote, ora vengono utilizzati per chattare con amici e colleghi. Stiamo vivendo una forte accelerazione. Qualche giorno fa lo storyteller Cristiano Carriero su Facebook scriveva:
Mia zia ha fatto il suo primo acquisto online; non si fidava ad inserire la carta, ma adesso dice che è sicuro. Un altro mio parente ha scaricato l’App BancoPosta ed ha fatto il primo bonifico online. Mi ha detto: “ma è comodissimo! Non devi nemmeno fare la fila! Ci ho messo due minuti!”. Il postino chiede se può lasciarmi direttamente nella cassetta la posta da firmare, nei prossimi 15 giorni. “Puoi farlo per tutta la vita, anzi ti ringrazio se lo fai”, gli ho risposto. Mia suocera si è iscritta a Facebook per vedere le dirette di Giuseppe Conte, il nostro pasticcere di fiducia ha messo su un ecommerce in 3 giorni (si può fare) e a Pasqua riuscirà a servire tutti i clienti. E magari, organizzandosi per tempo, in futuro, anche nuovi clienti.
Non è vero che la digitalizzazione è un privilegio di pochi, né che riguarda solo una generazione. Annotiamoci su un taccuino tutte le cose che noi e i nostri parenti abbiamo imparato in questo periodo e facciamo sì che tornino utili. Non ci serve la digitalizzazione fine a se stessa, quella dei “campioni” che campioni non sono, per intenderci. Ci serve una digitalizzazione che migliori le nostre vite e che duri nel tempo. E forse non ricapiterà più un’occasione come questa.
Purtroppo, non tutti hanno la stessa possibilità di accesso nel nostro Paese: i più anziani e le famiglie a basso reddito si trovano di fronte a un divario digitale considerevole. L’allontanamento sociale e il confinamento forzato stanno rendendo la connettività ancora più importante. Al tempo stesso, la disintossicazione digitale è in pausa.
9. La maggiore consapevolezza sui consumi necessari
Come avevamo già avuto modo di dire, il consumismo non finirà, ma senza dubbio avremo imparato a vivere con meno per necessità: saremo più attenti, soprattutto al locale. Questo perché, chiaramente, è diventato impossibile consumare beni ai livelli di prima, anche solo per mere questioni logistiche, pensiamo ai negozi e ristoranti chiusi. Siamo felici con cosa avevamo già in casa, come un vestito dimenticato in fondo all’armadio oppure un libro comprato e mai aperto.
Il consumo è guidato da forti motivazioni, come le emozioni, il senso di identità e la connessione sociale, e in tutto il mondo vediamo una pressione esercitata su tutti e tre questi aspetti. Dal make-up ai vestiti e accessori, i valori e le abitudini che tradizionalmente hanno modellato la nostra spesa sono costretti a cambiare radicalmente.
10. Il piacere del concedersi un piccolo lusso per indulgenza
Sebbene possiamo istintivamente vedere l’autoisolamento come un’opportunità per “snellire” i nostri eccessi, gli psicologi suggeriscono che siamo più predisposti a fare acquisti indulgenti. Ogni volta che clicchiamo su aggiungi al carrello la nostra autostima cresce. In particolare, un lungo periodo di astinenza dallo shopping porterà probabilmente i consumatori di fascia alta a spendere per tutti quei lussi che gli sono stati negati durante il blocco. Tale spesa post Coronavirus sarà una risposta emotiva agli eventi vissuti, da interpretare come una via di fuga o un senso di controllo su una nuova realtà. È altrettanto chiaro che questo comportamento impulsivo potrà essere solo a breve termine, poiché l’ostentazione dei beni di lusso può sembrare insignificante dopo una crisi globale e nel contesto di una recessione mondiale.