Dark Light

Tante volte qui sulle nostre pagine abbiamo parlato di come l’emergenza sanitaria abbia radicalmente modificato la natura della vita quotidiana, oggi più orientata alla ricerca di benessere personale e sicurezza rispetto al passato. È interessante capire come stiamo affrontando questi cambiamenti e come ci adattiamo a loro, anche grazie al supporto dei brand. Che si sia trattato di aver sospeso l’abbonamento in palestra, di non aver potuto partecipare alle messe o di aver annullato un concerto tanto atteso, la quarantena ha privato le persone della realizzazione fisica, spirituale e culturale – una realizzazione che solo in queste ultime settimane, lentamente, sta ritornando a fare capolino, anche grazie alla ripresa degli spostamenti. La pandemia ha ridefinito il nostro modo di rapportarci con il mondo, e le aziende che una volta si affidavano al solo contatto fisico oggi hanno più opportunità di incontrare noi consumatori in nuovi spazi digitali.

In un contesto di paura e ansia globali, i momenti di leggerezza ci forniscono una gradita distrazione, dai pub online ai saloni virtuali creati per facilitare le persone nella cura dei capelli a casa. Certo, nessuna azienda vuole fare ironia su ciò che è accaduto, ma ad esempio le parodie degli aspetti più banali della pandemia attraverso meme e video su TikTok potrebbero contribuire a rilassare un po’ la comunicazione e a solleticare associazioni positive con i brand che le propongono.

C’è anche chi non cede alla tentazione parodistica, e mantiene il proprio tono di voce. Riguardo questo, alcuni marchi stanno creando contenuti di ispirazione che possono essere utili a coloro che stanno pianificando la propria fuga post-pandemia. Ad aprile, la casa automobilistica tedesca Audi ha debuttato con un documentario di quattro ore dal titolo The Drive (regia di Luke Bouchier, musiche di John Hassell). Il rilassante e lento video porta gli spettatori attraverso la campagna del Sud Australia, dal punto di vista del conducente: “di solito vi invitiamo a godervi il piacere della guida su strada. Questa volta invece, portiamo la strada direttamente da voi” – ha spiegato Audi Australia.

Al contempo, nel Regno Unito, Longleat Safari Park ha creato un documentario di 30 minuti narrato dalla presentatrice della BBC Kate Humble, così che gli spettatori potessero avvicinarsi agli animali del parco direttamente dal proprio divano in attesa si prenotare il prossimo viaggio. Secondo una ricerca condotta dalla società di deposito bagagli Luggage Hero in aprile, il 77% delle persone in tutto il mondo prevede ancora di viaggiare tra giugno e dicembre, purché il proprio paese di origine e destinazione non siano in quarantena.

Le persone stanno sognando e pianificando il primo viaggio post Covid-19, ma adesso che le cose stanno tornando a una parvenza di normalità, a quali tipi di viaggi saremo interessati? Chi ha rimandato un viaggio, ripartirà per la stessa meta, seguendo le medesime scelte?

La scelta avventurosa di una staycation

Dopo settimane trascorse a casa, la maggior parte delle persone non sta cercando di percorrere grandi distanze: i viaggi oggi sono più vicini a casa, sono più brevi. Si prende in considerazione di più l’auto, rispetto all’aereo. Evidenziando queste prime caratteristiche, l’interesse per le vacanze in campeggio è aumentato ad esempio, con Campsites.co.uk che nel Regnu Unito ha registrato un aumento del 18% su base annua delle ricerche a febbraio.

Largo dunque alle staycation – la vacanza trascorsa a casa o nelle vicinanze, soprattutto per risparmiare – contrazione di stay-at-home e vacation. Parlando con il The Guardian, Nick Wyatt, analista del turismo di GlobalData, ha spiegato che i soggiorni stabili e di prossimità saranno probabilmente percepiti come un modo di viaggiare a basso rischio:

“è probabile che facciano sentire i viaggiatori più a loro agio poiché hanno familiarità con la posizione, possono potenzialmente evitare di volare e conoscono il servizio sanitario e la struttura sanitaria.”

La generazione Z, in particolare, oggi sta cercando soluzioni compatibili con la situazione e con l’ambiente: viaggiare in modo responsabile è una priorità, e non è un caso se il 58% di loro preferirebbe soggiornare in alloggi ecologici in vacanza. Se da un lato la scelta anche in questo caso ricade su mete di prossimità, dall’altro lato i più giovani cercano attività insolite per dare un senso alla scelta (e non percepirla come un ripiego).

Tra necessità di sentirsi sicuri ed evasione

Studi estremamente interessanti rivelano come una pandemia globale non sia il momento giusto per fare pubblicità di prodotto collegata al Coronavirus. La società di pubblicità digitale Integral Ad Science, ad esempio, rileva come 4 persone su 10 non voglia intercettare correlazioni tra viaggi e Covid-19.

Il blocco ha portato le persone a trascorrere più tempo online: l’agenzia creativa Hey Honey stima che abbia portato un aumento del coinvolgimento di Instagram del 25%, mentre TikTok ha registrato un aumento del 72% dei contenuti #ad prodotti da influencer. Detto questo, secondo lo studio di Edelman, le persone preferirebbero che i marchi facessero loro sapere quali misure stanno adottando per proteggere il personale, i fornitori e i clienti tramite i media o le email tradizionali, piuttosto che dai loro social media. Dunque, cosa si chiede ai brand legati al travel? Di offrire ispirazione e segnali di empatia, principalmente.

Avevamo già parlato qui di come il Covid-19 abbia cambiato il nostro bisogno di evasione. Il digitale può essere visto come un ponte per imbastire una relazione, che da virtuale può diventare fisica. Con questo fine, ad esempio, il gruppo per il tempo libero di lusso Belmond ha trasmesso in streaming una serie di concerti online nell’ambito del suo programma di inviti su IGTV. Ha anche lanciato un hub online, il pacchetto Belmond Care, con tanto di ricette di cocktail dal suo bar e istruzioni su come creare esperienze lusso fai-da-te a casa.

Quando il viaggio si fa sempre più slow e sostenibile

Ma facciamo un passo indietro al tema della sostenibilità. Con l’allentamento del lockdown, ridurre l’impatto ambientale delle nostre opzioni di trasporto è tornata a essere una considerazione importante per molti. In questo periodo post emergenza, in che modo si può dare una mano alla natura? Ancora una volta, l’emergenza sanitaria ha accellerato tensioni che erano nell’aria (e infatti avevamo toccato l’argomento giusto un anno fa qui).

Programmi che incentivano le alternative ai viaggi aerei stanno emergendo in tutta Europa, dal sistema OuiGreen della SNCF, che consente ai passeggeri del treno di incassare miglia per l’uso gratuito di scooter o auto elettriche, all’iniziativa di Climate Perks, con un minimo di due “giorni di viaggio” pagati al personale quando viaggiano via terra o via mare invece di volare. Può il rallentamento dei viaggi causa Covid-19 trasformarsi in un rallentamento generale del nostro modo di essere turisti, strizzando l’occhio all’ambiente? Possiamo essere positivi.

Lo slow travel è un movimento ancora piccolo in questo momento, ma con buoni margini di crescita proprio a causa degli ultimi mesi vissuti a casa. Fino a poco tempo fa, chi lo praticava faceva parte di una classe relativamente privilegiata in termini di tempo e denaro, ma non è più così. Oggi è la miglior scelta possibile per trascorrere meno tempo sui mezzi di trasporto e più tempo al sicuro lontani dalla frenesia del dover fare a tutti i costi. La FOMO, la fear of missing out, ha avuto molto a che fare negli ultimi anni anche con il nostro modo di approcciarci alle destinazioni di viaggio.

A caccia di storie, avventure ed esperienze

Facciamo una piccola incursione in un’attività di engagement interessante qui in Italia poiché il tema del viaggio – e di come è stato fino a oggi, e come sarà domani – è estremamente affascinante, e c’è chi ci invita a fare una riflessione al riguardo. All’interno della cornice di #OpenStories della banca Widiba (ne avevamo parlato qui lo scorso settembre), è iniziata da qualche giorno una raccolta di storie sulle avventure più open fatte in giro per il mondo.

“Madagascar. Un mese zaino in spalla spostandoci ogni 5 o 6 giorni con qualunque mezzo possibile – consiglio in particolare l’esperienza, forgiante nello spirito e soprattutto nel fisico, dei furgoncini da 14 persone in 27 per 6 ore di strade sterrate – per andare a supportare le scuole primarie di questa meravigliosa terra. Alla fine sono stati circa millesettecento i bambini incontrati, abbracciati, speriamo aiutati a diventare i nuovi medici, avvocati, insegnanti, politici del futuro Madagascar.”

– Stefano Langellotti, Private financial advisor @ Widiba

Il filo conduttore di tutta l’attività di #OpenStories è l’apertura, nonché il sapersi mettere in ascolto rispetto alla propria comunità di utenti e clienti. Da lunedì, ad esempio, il tema di confronto è quello della mente aperta e le persone sono invitate a raccontare la difficoltà più grande superata grazie al proprio spirito di iniziativa. E poi ancora, nelle settimane successive, si parlerà del parlare in modo libero, dell’importanza dei piccoli gesti quotidiani, e delle svolte nella vita di ciascuno (quelle che in drammaturgia, per capirci, possiamo chiamare incidente scatenante). Ad ogni modo, qui il regolamento.

Sono attività per Widiba in continuità con la loro stori. Pensiamo all’iniziativa dello scorso anno #oggimisentocosì oppure anni prima con #rottamalaroutine – una bella mappatura delle cose che vorremmo cestinare.

Infine, il nomadismo digitale

Parlare di viaggi e apertura, significa anche intercettare come stanno cambiando i settori correlati. Prendiamo quello del lavoro: c’è un numero crescente di giovani che svolge lavori online, che va ben oltre il concetto del lavoro da casa. Ne parla bene Lonely Planet qui, e ha dedicato all’argomento anche una recente pubblicazione dal titolo Nomadi digitali, Consigli pratici e idee per vivere e lavorare on the road. Dalla quarta:

“Avete mai sognato di lasciarvi alle spalle la vita stanziale per cominciarne una on the road, con l’ufficio in un computer portatile e facendo di ogni tappa la vostra casa? Avete mai immaginato di inviare fatture dalla spiaggia, scrivere relazioni da Rio o confrontarvi con i clienti da un bar all’aperto nella piazzetta di un villaggio?  Se è così, siete già sulla buona strada per diventare nomadi digitali.”

Abbandonare la gabbia di un impiego in città e trovare il giusto equilibrio tra lavoro e vita privata? Il Covid-19 ci spinge a pensare che succederà sempre più spesso, anche grazie a un ritorno alla ruralità che tanto piace alle estetiche di Instagram.

Related Posts